Fernanda Bravo Herrera premiata a Pescara
Per prima volta una studiosa dall'America Latina riceve il Premio Internazionale Flaiano-La Cultura italiana nel mondo.
“Un contributo molto importante allo studio ed alla conoscenza dell'emigrazione italiana in Argentina del XIX e XX secolo, con un apparato documentario e letterario che prende in considerazione lettere, romanzi, testimonianze, racconti di viaggio, canzoni, poesie, teatro e altre fonti” è in sintesi la motivazione che ha convinto la giuria della 15^ edizione del Premio Internazionale Flaiano per l'Italianistica ad attribuire alla studiosa italoargentina Fernanda Elisa Bravo Herrera il prestigioso premio internazionale. Il riconoscimento viene assegnato dalla Fondazione Edoardo Tiboni, dall'Associazione Culturale Ennio Flaiano e dal Centro Nazionale di Studi Dannunziani. Queste istituzioni si avvalgono del supporto del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e della collaborazione di 83 Istituti Italiani di Cultura cui viene demandato il compito di selezionare le opere pubblicate nei paesi in cui operano. Ottenuto ex aequo con altri due saggi, il premio è attribuito da una giuria composta da docenti e scrittori (Dacia Maraini). La cerimonia si è tenuta il 21 ottobre presso il Mediamuseum di Pescara, nell'ambito del Convegno Internazionale “Le città di D'Annunzio”.
Fernanda Bravo Herrera, esperta in letteratura della migrazione, è ricercatrice del CONICET. Dopo la laurea in Lettere Moderne conseguita presso l'Università Nazionale di Salta, si specializzò a Siena in Conservazione e Gestione dei Beni culturali, successivamente presso la stessa Università degli Studi ottenne nel 2006 il Dottorato in Letteratura Comparata. Autrice di numerosi articoli e saggi, ha pubblicato con l'editore Teseo il saggio, ampio e documentato, Huellas y recorridos de una utopia.
Quale motivazione ti ha spinto a scegliere l'argomento della migrazione per le tue ricerche letterarie?
L’emigrazione italiana in Argentina è stata per me, come per tanti argentini discendenti di italiani, una parte della mia storia personale e famigliare. Pertanto, l’emigrazione, prima di essere considerata come argomento di studio, è stata parte della memoria e della definizione della mia propria identità fin da bambina, quando mia mamma mi faceva leggere nel cortile di casa il suo libro di letture in italiano e quando mia nonna, dopo messa, mi insegnava delle parole accostandole alla traduzione in spagnolo. Dopo, le diverse letture all’università - fra queste Sei passeggiate nei boschi narrativi di Umberto Eco, alcuni racconti di Borges e i romanzi di Antonio Dal Masetto - mi portarono ad una riflessione diversa, più stratificata e con più sfaccettature, senza che l’aspetto emotivo venisse a mancare. Un altro spazio di riflessione, a livello collettivo, l’ho trovato quando collaboravo attivamente nel Centro Toscano-Salta, specialmente nell’organizzazione del Maggio Toscano a Salta. A livello individuale ho trovato ulteriori motivi di riflessione quando ho potuto viaggiare a Siena e visitare Abbadia San Salvatore, il paese d’origine dei miei nonni - Italo Nardini e Teresina Flori - grazie ad una borsa della Regione Toscana riservata ai discendenti dei toscani all’estero e che mi permise di studiare la lingua e la cultura italiana presso l’Università per Stranieri di Siena. Quando ho vinto, un anno dopo, una borsa di studio del Governo Italiano, rilasciata dall’Istituto Italiano di Cultura a Buenos Aires, ho cominciato a studiare l’emigrazione italiana in Argentina nella produzione, non solo letteraria, dell’Italia, sotto la guida del prof. Romano Luperini e del compianto prof. Antonio Melis. Ero molto curiosa di sapere quale erano state in Italia le rappresentazioni dell’emigrazione, degli emigranti e dell’Argentina e le posizioni politiche e ideologiche. Insomma, volevo conoscere il fenomeno dell’emigrazione come era stato vissuto in Italia, perché in Argentina quello spazio sembrava assente e ignorato. Ho lavorato principalmente nella Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, ho seguito alcune lezioni all’Università degli Studi di Siena e ho visitato il paesino dei miei nonni, ascoltando le storie e i racconti dei parenti. Anche questa è stata un’altra forma di sentirmi vicina alle mie origini toscane e di capire l’emigrazione.
Quali informazioni inattese hai trovato mentre avanzavi con la ricerca?
La pluralità di testi e delle posizioni ideologiche, il silenzio attorno l’argomento, specialmente da parte degli intellettuali come aveva denunciato Antonio Gramsci nei Quaderni del carcere, l’oblio e la rimozione di quel passaggio della storia italiana nell’attualità in tanti italiani e in diversi spazi. E poi, influenzata dai sainetes e dalle commedie che dipingevano l’emigrante –il Cocoliche- e dall’umorismo in questi testi, pensavo di trovare anche nella produzione italiana il registro comico che invece è stato il grande assente, eccezion fatta per Emigrati di Antonio Marazzi (1880-1881).
Quali sono stati i momenti più emotivi della cerimonia a Pescara?
Tutto, fin dall’inizio, fin da quando - con grande fiducia in me - l’Istituto Italiano di Cultura di Buenos Aires propose il mio libro per il concorso, fino alla comunicazione della vittoria del premio, la cerimonia della premiazione, conoscere tanta gente che con grande passione e impegno lavora nel mondo per l’Italianistica, con la collaborazione del MAE, come il prof. Dante Marianacci e la dott.ssa Carla Tiboni, ma anche Armando Maggi e Miriam Oravcovà, gli altri vincitori ex aequo del Premio Flaiano in Italianistica, ascoltare “Libertango” di Astor Piazzolla e “Il Postino” di Luis Bacalov durante il concerto del gruppo Diapason Armonico, ricordare mia mamma, i miei nonni, e sentirli sempre presenti e che mi appoggiavano, come fa anche mio marito Alessandro.
Cosa significa per te questo riconoscimento?
Per me è un onore e un grande incentivo per continuare a studiare, una grande responsabilità e un’immensa allegria. Sono grata a tante persone e Istituzioni che in tutti questi anni mi hanno appoggiato e mi hanno sostenuto, come il CONICET dal quale dipendo attualmente, ma anche come l’Università degli Studi di Siena alla quale devo la mia formazione post-laurea, la Regione Toscana e l’Istituto Italiano di Cultura di Buenos Aires. E poi è una forma di rendere omaggio ai miei nonni, a mia mamma, allo zio di mio nonno, fra’ Bernardino Nardini, missionario nelle Ande che accolse i miei nonni a Salta come se fossero i suoi figli, a tutti gli italiani che trovarono in Argentina una Patria ma non dimenticarono mai l’Italia, ai loro sogni di un mondo migliore.
Huellas y recorridos de una utopía. La emigración italiana a la Argentina. Prólogos de Romano Luperini y Antonio Melis. Buenos Aires: Editorial Teseo, 2015. 372 p.
Pubblicato su "Tribuna Italiana", n° 1588, del 17.11.2016
Contatti
https://twitter.com/Sur225R
https://www.instagram.com/sur225r/
https://www.youtube.com/sur225R rabruschi@gmail.com