Flavio Fusi, cronista infedele?

19.12.2018 06:55

 

Tutto si conosce e nulla si sa” esordisce Flavio Fusi nell'introduzione al suo recente volume Cronache infedeli, pubblicato dalla Casa Editrice Voland. Fusi intende offrire ai lettori una visione alternativa e complementare degli eventi che da cronista ha documentato negli ultimi trent'anni, in qualità di corrispondente RAI.

 

I diversi capitoli che compongono questo libro scaturiscono dalle sistematiche osservazioni condotte durante le sue trasferte in America, Europa e Africa, come inviato speciale dell'emittente nazionale. Fusi, che ha soggiornato saltuariamente anche a Buenos Aires, ha ripreso in mano quegli appunti per rielaborarli alla luce dei tragici momenti che continuano a martoriare le zone di guerra, imponendo alle nostre coscienze una presa di posizione. Fusi ha raccolto e rielaborato le sue impressioni, i primi commenti e le valutazioni politiche formulate durante la sua attività professionale nel mondo dell'informazione. Ciò gli ha permesso di rileggere alcuni momenti capitali del passato, vissuti proprio mentre si compiva il passaggio dalla cronaca alla storia. Queste pagine ora raccolte sotto il titolo Cronache infedeli, volute fortemente dall'editore Daniela di Sora, si iscrive in una politica editoriale precisa che Daniela di Sora ha maturato dopo aver trascorso alcuni anni nell'Europa dell'Est come lettrice di italiano in università.

 

Fusi racconta ogni episodio con tale schiettezza da rendere familiare anche le zone remote del pianeta, spesso abbandonate al loro tragico destino. Si immerge nella intricata foresta di rapporti interpersonali, che pulsano nelle città latinoamericane, europee o africane, senza badare a gerarchie né a convenevoli, e riesce a dar voce a chi travolto dai fatti, a volte anche sconvolto e protagonista suo malgrado, ha perso la fede nella parola e nei suoi simili. La guerra non lascia spazio alla speranza, tra le vittime. Nei sopravvissuti, resta l'orrore della spietatezza umana. Ai giornalisti tocca l'amaro compito di riferire i fatti nella loro lancinante durezza.

 

Lungo decenni, come inviato per la RAI, Flavio Fusi si è sempre domandato come trasmettere ai telespettatori ciò che vedeva. Dai suoi anni trascorsi come studente nel Liceo Classico di Grosseto, riscatta l'abitudine a leggere ogni tanto versi in greco che ancora oggi lo commuovono e soprattutto una grande curiosità per diventare consapevole di quanto avviene oltre i confini dell'Italia. Maturata la sua vocazione per il giornalismo, inizia l'attività professionale nella redazione dell'Unità e poi prosegue in ambito televisivo.

 

Quanto ai rapporti tra America Latina e USA, che negli ultimi mesi sono tornati di grande attualità per via del nuovo orientamento politico, Fusi osserva l'assurdità delle proposte avanzate per arginare il fenomeno dei clandestini. I migranti che premono sulla frontiera meridionale degli Usa fluiscono senza sosta, malgrado le contromosse del Messico e dell'America. La Bestia è il treno che utilizzano i clandestini per superare il confine. Una fuga che agli occhi di Fusi prende le sembianze di una caccia all'uomo persa in partenza, perché i numeri sono incongruenti, tra i troppi che sentono il bisogno di scappare e i pochi che li bloccano.

 

Da inviato a Sarajevo, ha sperimentato la tensione creata dagli spari dei cecchini nascosti sui monti. La popolazione della città ha vissuto in costante pericolo di vita. A febbraio 1994, avviene la strage del mercato, le granate esplodono sulla folla provocando 74 morti. Una delle grandi vergogne dell'Europa: per oltre un anno è proseguito l'assedio dei miliziani. Fusi ricorda l'esperienza di aver visitato il covo di un cecchino, aver osservato il buco nel muro dove questo appoggiava il mitra e puntava sui passanti. In quel momento, ha sentito di essere esposto a un rischio vero ed ha anche conosciuto l'umanità delle vittime e dei soccorritori che convivono con l'emergenza diaria. Dopo l'esplosione dell'ex-Jugoslavia, conclude Fusi, si è capito che se uno stato intende sopravvivere deve gestire la dimensione multiculturale del suo territorio. Diversamente, va incontro al fallimento e alla guerra.

 

Nel corso di un'intervista esclusiva Fusi si è mostrato tassativo: 'Dobbiamo imparare a convivere con il terrorismo. C'è troppa violenza e disuguaglianza nel nostro mondo e la soluzione al terrorismo sembra ancora lontana. La crisi mediorientale alimenta il terrorismo e la sua soluzione non pare imminente. Dall'Europa si può solo bloccare l'ultimo anello nella catena del terrore, vale a dire l'attentato. Per disinnescarlo occorre uno sforzo superiore a quanto sino ad oggi si è fatto. Il terrorismo, scaturito da contrasti reali, oggi è andato oltre le cause che lo hanno fatto nascere e si alimenta in un contesto di fanatismo religioso, si fonda su una lettura estrema e sbagliata dell'Islam. Spesso la religione, che dovrebbe trasmettere un messaggio di amore e umiltà, veicola invece messaggi di lotta e sopraffazione.'

 

Il 1° gennaio 1994, mentre Fusi si trova a New York, un gruppo di guerriglieri occupa il Chapas, la regione del Messico, confinante con il Guatemala. Quando incontra il subcomandante Marcos, che chiede il riconoscimento dei diritti civili e politici per i popoli indigeni, ne rimane segnato. Si apre ai suoi occhi una nuova prospettiva per analizzare la storia dell'America Latina. Nel ripensare ora a quei fatti, alla luce di quanto avviene in Bolivia con Evo Morales ed è avvenuto con Hugo Chávez nel Venezuela, Fusi induce il lettore a domandarsi cosa si nasconda dietro alcuni tasselli che restano poco chiari agli occhi occidentali ma sono realtà socioeconomiche di esplosiva consistenza. Con questa raccolta di articoli, rivisti e approfonditi, Flavio Fusi ci presenta quando è necessario dire, al di fuori da qualsiasi decalogo del politicamente corretto, se si vogliono cogliere le ragioni profonde di alcuni dissidi forse insanabili. Un libro da leggere d'un fiato o da sorseggiare a ritmi pacati, per meglio assimilare la sua carica di umanità mista a curiosità di conoscere i contorni reali del nostro mondo.

 

Renata Adriana Bruschi

18 dicembre 2018

 

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