40 anni dal primo Salone del Libro di Buenos Aires
https://www.booksinitaly.it/it/ingrandimenti/prendere-le-distanze-dal-modello-tradizionale/
A dispetto dei continui capovolgimenti politici attraversati dalla società locale, il Salone del Libro di Buenos Aires ha seguito un percorso lineare. Gli organizzatori di questa manifestazione possono tracciare un bilancio positivo, di crescita continua pur con qualche battuta d’arresto. Come si è mosso il libro italiano all’interno di questa manifestazione culturale, la prima nel suo genere in ambito latinoamericano?
Prendere le distanze dal modello tradizionale.
Uno sguardo sul libro italiano nell'editoria argentina
a quarant'anni dal primo Salone del Libro di Buenos Aires.
Renata Adriana Bruschi per booksinItaly.it (febbraio 2015)
A dispetto dei continui capovolgimenti politici, attraversati dalla società locale, il Salone del Libro di Buenos Aires ha seguito un percorso lineare. Dalla sua prima sede espositiva, nel padiglione municipale di Barrio Norte, fino all'attuale collocazione nei più spaziosi ambienti del Predio Rural, nel quartiere di Palermo, gli organizzatori di questa manifestazione possono tracciare un bilancio positivo, di crescita continua pur con qualche battuta d'arresto. Come si è mosso il libro italiano all'interno di questa manifestazione culturale, la prima nel suo genere in ambito latinoamericano?
Marta Diaz ha formato parte dello staff organizzativo sin dalla prima edizione e ricorda ancora il clima festivo che aleggiava quando la prima Feria Internacional aprì le sue porte, sotto il lemma 'Dall'autore al lettore'. Era il mese di aprile del 1975, in un temperato autunno australe. Lo stand italiano attirava gli occhi di molti e vinse un premio. Era stato affidato a mani esperte, l'architetto italoargentino Clorindo Testa, autore anche del progetto per la Biblioteca Nacional di Buenos Aires allora ancora da edificarsi, oggi tappa obbligata del mondo intellettuale per la ricchezza e varietà della sua agenda culturale.
L'intera iniziativa era stata preparata nei convulsi mesi dell'ultimo governo peronista degli anni settanta. Un anno dopo, la cerimonia inaugurale del secondo salone avveniva a giorni dal colpo di stato, nell'assoluta incertezza su quale posizione le nuove autorità avrebbe preso nei confronti del mondo intellettuale. La censura non impedì che gli organizzatori vedessero sfilare il doppio dei visitatori rispetto alla precedente manifestazione in un clima di cautela e sconcerto. Aumentò il numero degli espositori ed anche delle delegazioni provenienti dall'estero. Se nelle prime edizioni i paesi ospiti erano circa una decina, già negli anni ottanta il loro numero si attesta sui circa quaranta (nel 1980 erano 34, nel 1988 invece 45 gli stati esteri sono presenti ufficialmente al Salone). Le statistiche complete si leggono sul sito https://www.el-libro.org.ar/fel
L'Italia non mancò mai. “Siamo un paese di emigranti che conservarono interesse nei confronti delle proprie radici. Qui, culturalmente si affermò il cosmopolitismo e lo straniero non venne ghettizzato, anzi” dichiara Gabriela Adamo, che tra il 2011 e il 2014 diresse la Feria Internacional del Libro. Prosegue Adamo “Per ragioni storiche, la lettura e la traduzione di opere europee ebbero un peso determinante nella cultura locale, negli anni quaranta ciò fu più evidente. Vi furono ottimi traduttori, frutto della migrazione europea del secondo dopoguerra.” Oggi la scuola di traduttori letterari continua a annoverare alcune poche firme di prestigio, che gli editori locali si contendono in un contesto cui si è sommata la concorrenza editoriale di altre aree ispanofone. Perché quel vuoto editoriale che la Spagna del franchismo aveva creato adesso invece appare fitto di concorrenti. “I traduttori latinoamericani sono consapevoli di rivolgersi ad un pubblico di lettori distribuiti su diverse zone geografiche, i traduttori spagnoli invece tendono a servirsi dello slang di Madrid” precisa Adamo, spezzando una lancia a favore delle traduzioni in una lingua castigliana standard condivisa da nord a sud del continente americano. Ma se una volta alcuni editori, come Emecé, potevano proporre la versione in spagnolo per i lettori iberici e una seconda versione rivista per assecondare le specificità dei lettori latinoamericani, oggi tale impegno redazionale viene assunto solo se espressamente richiesto nel contratto di traduzione. A questa situazione si aggiunge una circostanza non trascurabile. “Molte volte gli editori italiani credono di essere presenti in America Latina perché il loro libro risulta nel catalogo spagnolo”, assicura Adamo. Un giro veloce in libreria tra Buenos Aires, Cordoba, Mar del Plata, Rosario, Mendoza ed altri centri urbani conferma l'inconsistenza di tale assunto.
Che la questione abbia la sua rilevanza, si ricava dalle parole di Silvia Hopenhayn, nota critica letteraria argentina, conduttrice di trasmissioni televisive su libri e organizzatrice di corsi per la promozione della lettura e scrittura. Il più noto di tutti 'Clásicos no tan clásicos' è un omaggio a Italo Cavino, le cui tesi espresse in Perchè leggere i classici sono il punto di partenza del seminario. “In Argentina ci sono lettori che divorano ogni opera, poi ci sono lettori alla ricerca del sapore della lingua e non si accontentano solo della storia narrata. Deve esistere un impasto tra la sottigliezza del ragionamento letterario e la bellezza del testo. Sciascia dimostra grande acume nel cogliere elementi insondabili della condizione umana. Al lettore forte argentino interessa indagare lo specifico di una soggettività attraverso una poetica originale.” Come dire che il fattore linguistico esercita un ruolo considerevole quando il lettore sceglie un nuovo titolo.
A conferma di queste valutazioni, basti guardare le dinamiche nell'editoria locale. Quando le concentrazioni editoriali transnazionali hanno ridisegnato la mappa del mercato mondiale, gli editori argentini si sono ritrovati a spartirsi i pochi posti disponibili come direttore di vendite nei nuovi gruppi. A vent'anni di distanza da allora, “quegli editori che erano anche scrittori o critici letterari fondano le loro piccole case editrici per offrire un catalogo diverso. Luis Chitarroni (La Bestia Equilatera) Damián Tabarovsky (Mar dulce editora) Adriana Hidalgo e Fabian Lebenglik (la CEO e il direttore editorial di Adriana Hidalgo Editora) funzionano da diffusori. I lettori non di massa orientano le loro scelte sulla base del marchio, perchè si fidano dell'editore” conferma Silvia Hopenhayn.
Maria Mazza, da due anni a capo dell'Istituto Italiano di Cultura, uno dei più prestigiosi per numero di iniziative e pubblico coinvolto in ogni mese dell'anno, osserva le dinamiche dalla sua posizione. La biblioteca Benedetto Croce, sede delle iniziative del fitto calendario allestito da lei e dai suoi collaboratori, ha visto in passato la presenza di intellettuali locali ed italiani di portata internazionale. Bastino due nomi: Jorge Luis Borges, ospite frequente, e Italo Calvino, arrivato qui nel 1985 per inaugurare la Feria del libro nel contesto della rinata democrazia in Argentina. Spetta a lei curare i rapporti con gli organizzatori del Salone locale, in cui uno scrittore ospite italiano non è mai mancato, a maggior ragione da dieci anni a questa parte, da quando si tiene anche il Festival della Poesia. Stefano Benni e Valerio Magrelli sono due autori giunti qui da quanto lei è presente. “L'interesse per la narrativa italiana si concentra soprattutto sui classici. Anche a livello informale sono conosciuti più i classici che i contemporanei. Ho riscontrato interesse tra il pubblico e gli operatori che chiedono libri che a volte mancano. Vogliamo mantenere la presenza italiana alla Fiera del Libro, nonostante costi tanto in termine di risorse disponibili.” Se tale è la tendenza in termini generali, il dialogo culturale tra i due paesi rivela risvolti originali quando si vuole approfondire lo sguardo. “Le università e le case editrici che chiedono sovvenzioni economiche per la traduzione di titoli italiani orientano le loro richieste verso opere che in qualche modo diano forza alle loro idee. Nel libro italiano l'intellettuale argentino tende a ritrovare radici comuni, quasi volesse prendere spunto per le sue riflessioni.”
Non resta che chiedere loro quali consigli darebbero ad un editore italiano. Per Adamo, contano molto alcune piccole mosse se condotte in sintonia con il mercato locale: curare il rapporto con il traduttore, che spesso diventa agente letterario e propone titoli agli editori locali, sfruttare le opportunità del programma di sovvenzioni 'Proyecto Sur' attivato dall'Argentina nel 2010, seguire ogni dettaglio della presenza a Buenos Aires dello scrittore ospite, dalla stampa alla visibilità nelle reti sociali. E chiosa le sue riflessioni con un consiglio “gli editori italiani dovrebbero prendere le distanze dal modello tradizionale”.
Le fa eco Silvia Hopenayn, che sottolinea l'impatto della presenza fisica degli autori e ribadisce l'importanza delle risorse attuali. Attraverso la rete telematica si possono veicolare molte informazioni. Tra gli strumenti specifici per operatori del mercato editoriale, oltre al già ricordato 'Proyecto Sur', che ritiene abbia raccolto buoni risultati per quanto concerne l'avvicinamento tra editori dei due paesi, Hopenayn ricorda che si può ricorrere alla Fundacion TyPA https://www.typa.org.ar/es/typa.php . Tale ente si rivela un sostegno utile a chi desidera comprendere lo specifico del mercato locale, perchè la Fundacion dispone di numerosi professionisti di specializzazione diverse, in grado di fornire dati e riferimenti.
Conferma in pieno Maria Mazza, che riconosce di venire a sapere spesso della presenza di intellettuali italiani arrivati dietro invito di istituzioni locali, a riprova della grande attenzione di cui godono in Argentina. Infatti, tra gli ospiti dell'Istituto e quelli di altri enti, ed esempio l'Università di Bologna, altre università locali e le associazioni, oggi risulta elevato il numero di intellettuali italiani in visita. Ma “dev'essere un appetito condiviso - replica Hopenhayn - La reciprocità è la chiave negli affari”. Ultimamente, molto si muove in Italia tra gli scaffali dedicati agli autori sudamericani. E anche in ciò si misura il profitto che gli argentini hanno saputo trarre da due fatti: il centenario della nascita di Julio Cortazar e di Adolfo Bioy Casares, due recenti riscoperte in chiave criolla, e la presenza argentina come invitato d'onore al Salone del libro di Parigi e a quello di Guadalajara, nel 2014. Tra poco aprirà le sue porte a Buenos Aires la XLI Feria del Libro e tra gli ospiti esteri sono attesi Dacia Maraini e Maurizio Cucchi. Potrà l'Italia ottenere buoni dividendi mentre è già in corso l'Anno dell'Italia nell'America Latina?
Maria Mazza, direttrice dell'Istituto Italiano di Cultura di Buenos Aires dal 2012.
Marta Diaz dal 1975 segretaria Esecutiva del Comitato e dal 1995 direttrice della 'Feria del Libro' di Buenos Aires.
Gabriela Adamo dal 2011 al 2014 ha diretto la Fundación del Libro e ha gestito l'organizzazione della Feria del Libro. Oggi è a capo della Fundación Filba, che promuovo la diffusione del libro in America Latina. Ha creato il dipartimento letterario della Fundación TyPA.
Silvia Hopenhayn ha diretto l'inserto El cronista cultural, tenuto rubriche sul giornale La Nación e programmi radiofonici dedicati alla lettura. Ha pubblicato la Ficción y sus hacedores (2011) Elecciones primarias (2012), ¿Lo leìste? (2013), Ficciones en democracia (2014).
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