Brasile Uruguay e Argentina
Brasile, Uruguay e Argentina, strade parallele o divergenti?
Argentina, Uruguay e Brasile, stanno forse percorrendo strade convergenti per quanti riguarda l'italianistica?
Difficile negare l'affinità esistente tra questi paesi, se si considera la presenza di una componente culturale italiana forse in fase di stemperamento, sicuramente di evoluzione. Numerosi oriundi italiani, assai diversi per provenienza, storia di migrazione e orizzonti, dimorano in queste terre australi. Frutto di una delicata tanto quanto spontanea e sofferta opera di innesto, come viene metaforicamente spiegata da alcuni, la permanenza in queste terre ha comportato per molti la presa di distanza dalle radici culturali italiane. Ciò si traduce in primo luogo nella scarsa conoscenza dell'idioma italiano. Eppure, se si pone mente alla tradizione accademica dell'italianistica, si ritrovano momenti di enorme prestigio culturale. Certo, occorre risalire un po' nel tempo per imbattersi nella figura di Gherardo Marone. Nato a Buenos Aires nel 1891, ma formatosi in Italia, Marone consegue la laurea in giurisprudenza e poi in lettere. Docente di letteratura italiana in Brasile e in Argentina, è ricordato per aver creato l'Istituto di Letteratura Italiana nell'UBA dopo che nel 1940 gli era stata affidata la cattedra di quell'insegnamento. Angel Battistessa, con la sua apprezzata traduzione della Divina Commedia e il suo impegno nell'Academia Argentina de Letras, di cui fu presidente, diede anche il suo contributo alla diffusione della letteratura italiana in Argentina. In Brasile, si ricorda ancora la permanenza di Giuseppe Ungaretti come professore nell'Università di San Paolo dal 1937 al 1942. In Uruguay, Giovanni Meo Zilio ha svolto ricerche tra italianistica e ispanistica negli anni cinquanta e sessanta, prima di rientrare in Italia dove ha proseguito la sua attività accademica.
Chi frequenta oggi i diversi appuntamenti dell'italianistica in America Meridionale, non può che riscontrare alcune somiglianze. L'insegnamento della lingua italiana e della sua letteratura in Università non attraversa certo un momento di auge, gli iscritti ai corsi sono pochi, naturale conseguenza dei limitati sbocchi professionali e delle scarse opportunità lavorative per i laureati. A ciò si aggiunge la scarsa disponibilità di materiali per lo studio: pochi testi, poche biblioteche, forse anche poca conoscenza delle risorse in rete. Viceversa, l'attenzione degli accademici attivi in Italia risulta in aumento e l'invito a partecipare diventa per molti occasione per stringere accordi di collaborazione sul piano della ricerca, in concomitanza con l'innalzamento della qualità nell'offerta dei corsi per l'apprendimento dell'italiano come lingua straniera, a cui si accompagna la riscoperta dei legami che uniscono le collettività all'estero e l'Italia. E' chiaro che se si vuole sostenere l'italianistica in questi paesi, occorre agire anche su un altro piano, favorendo gli interventi a sostegno delle opportunità lavorative per i neolaureati.
Tutto questo oggi determina le nuove coordinate dell'orizzonte che si apre davanti ai ricercatori e ai professori. Gli attori attorno alla scacchiera aumentano poco per volta e si affiancano alle strutture già esistenti nei rispettivi paesi sudamericani, quali le cattedre universitarie e i corsi di lingua tenuti anche da istituzioni locali. Ora si sommano nuovi volti: qualche sede estera di università italiana, editoria specializzata, progetti ed accordi interuniversitari, nuove forme di appoggio delle legazioni diplomatiche preposte alla diffusione della lingua italiana. Quando si arriverà a condividere la strategia, facendo prevalere la logica della collaborazione, allora il gioco sarà vincente per tutti.
Renata Adriana Bruschi
ottobre 2013
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