Conversazione romana. Incontro con Gabriel Cacho Millet

31.01.2016 10:00

 

Ricordi sparsi a proposito di una conversazione romana

Renata Adriana Bruschi

 

 

In una fredda giornata di febbraio, mi dirigevo verso un palazzo romano a pochi metri dalla basilica di San Giovanni in Laterano. La sua costruzione risaliva al 1913 e in quel pomeriggio invernale osservai con certo stupore la facciata. L'edificio, poco più che centenario, fu competato nello stesso periodo in cui Victoria Ocampo visitò la città capitolina insieme al marito, nel corso di un dolce e amaro viaggio di nozze. Io invece stavo per incontrare Gabriel Cacho Milllet, spinta dal desiderio di ascoltare la sua testimonianza diretta sui rapporti culturali tra Italia e Argentina, magari anche qualche notizia non comune sulla presenza della Ocampo in Italia. Non saprei dire se fu a causa de los azares del destino oppure se raccolsi ancora una volta il frutto della mia distrazione congenita, quando a fine intervista constatai che mi mancò il tempo per parlare della Ocampo. Il nostro dialogo rimase tutto monopolizzato dalla figura di Dino Campana, di cui Cacho Millet è tra i principali esperti. Quando ci salutammo, ci ripromettemmo di portare la conversazione sull'intellettuale argentina alla prossima occasione d'incontro.

 

Ho conservato la registrazione in attesa di riprendere il discorso. Ora scopro che è solo una vana speranza, un'ingannevole illusione. Gabriel Cacho Millet è mancato la sera di Natale, circondato dall'affetto di Margarita, la moglie tanto amata, e dei figli. Ripesco dalla memoria del mio portatile la registrazione fatta due anni addietro. In un misto di gioia e rammarico ripercorro i momenti del dialogo, consapevole sin da allora dell'eccezionalità dell'incontro. Gabriel Cacho Millet, giornalista ANSA nato a San Rafael (Mendoza), seminarista francescano per pochi anni, poi studioso di letteratura per passione e autore di vari saggi pregevoli, ha sempre manifestato un carattere schivo e meditativo. Non a caso fu un sincero amico di Horacio Armani, poeta e traduttore. La loro amicizia rimase salda nel corso delle loro vite, malgrado la distanza che loro due, insieme alle loro mogli, riuscivano ad azzerare ad ogni telefonata che si scambiavano.

 

Oggi mi riconosco ancora una volta estremamente grata a Maria Esther Vazquez che molto generosamente mi mise in contatto con lui e vorrei ringraziare, se fosse possibile, anche e soprattutto Gabriel e Margarita, che con estrema disponibilità mi accolsero a casa loro, pur con scarso preavviso, nel mezzo dei tanti impegni previsti in quel giorno di febbraio. Scopro purtroppo tardi di aver sottovalutato la cortese insistenza con cui Margarita mi invitava a passare da loro a inizi di quest'anno. Non ho più avuto occasione di tornare. In quell'ora di intervista nel febbraio del 2015, ho sentito l'insolita felicità mentale che accompagna gli appassionati quando sono intenti ad analizzare le sfaccettature nascoste di certi mirabili capolavori letterari. Le indagini letterarie di Cacho Millet su Dino Campana sono il compendio di una vita dedicata a procedere sul terreno franabile di un'esistenza, quella del poeta di Marradi, che ha lasciato alcune certezze e molte incognite, eppure – come ho potuto constatare – le sue osservazioni erano sempre illuminate da una comprensione profonda della natura umana che riusciva a gettare sulla figura del poeta toscano.

 

Mi sono finalmente decisa a trascrivere qualche passo di quel dialogo, come omaggio postumo all'opera di un fine interprete, sentendo ancora più il rammarico per la triste notizia di fine dicembre 2016. Vorrei sperare in tal modo di saldare il debito di gratitudine per quei momenti intensi che Gabriel Cacho Millet ha saputo creare con le sue parole, mentre ricostruiva la storia delle sue indagini. Ho estrapolato le frasi che mi hanno colpito maggiormente e qui le riporto così come sono state pronunciate.

 

Come è nata la sua passione per Dino Campana?

 

GCM: Mi avevano chiesto da Buenos Aires la traduzione di alcuni versi per una rivista letteraria. Dopo averli tradotti, non ero soddisfatto del mio lavoro ma loro che li avevano già ricevuti insistevano nel pubblicarli. Tempo dopo è apparsa la versione molto bella in spagnolo delle opere di Campana firmata da Horacio Armani, che è stato un traduttore fantastico. Io facevo il giornalista ma non mi sono mai sentito un giornalista, mi sentivo prestato al giornalismo. Mi interessava la letteratura.

 

Quali soddisfazioni ha raccolto da questi studi e ricerche?

 

GCM: Ho lavorato molto, la maggiore soddisfazione per me è stata aver vissuto con Campana ore di grazia che non ho provato leggendo altre poesie.

 

Dopo tanti anni di studio, se dovesse sintetizzare la personalità di Dino Campana, cosa collocherebbe al suo centro?

 

GCM: Una sofferenza immensa. Le parole, la musica dei suoi versi, contengono una grande tristezza. Campana parlava delle nenie che ascoltava in Argentina, che probabilmente sono delle vidalitas. Un suo biografo ricordava che Campana aveva una buona voce e cantava. Aveva anche un buon orecchio e aveva imparato a suonare il pianoforte da solo. La poesia Fantasia su un quadro di Ardengo Soffici richiama il tango nel ritmo. Campana disse di aver suonato nei bordelli per guadagnarsi la vita, probabilmente quella è stata l'occasione in cui ha suonato il tango.

 

Il viaggio di Dino Campana in Argentina resta un mistero, cosa pensa lei di questo episodio della biografia campaniana?

 

GCM: Ultimamente hanno trovato documentazione su un esame che lui ha sostenuto nel 1911 per entrare nelle scuole come docente di francese. E' un breve saggio in cui parla delle pampas come luogo in cui si ringiovanisce e accenna al suo desiderio di tornarci. Questa, amio avviso, è una prova concreta del fatto che ci è stato. Nell'ottobre del 1907 ottenne il passaporto per andare a Buenos Aires. Campana è come il pato patagonico, dove va lascia il segno. Per un anno e mezzo in Italia non ci sono tracce sue. Si può presumere che sia stato in Argentina tra 1907 e gli inizi del 1909.

 

Perché parte?

 

GCM: Un farmacista toscano gli aveva detto che in Argentina si stava meglio. Durante il soggiorno sudamericano Campana racconta di aver incrociato una carovana di migranti che andava a posare le traversine per la ferrovia, era un gruppo di migranti che si dirigeva a Bahia Blanca. In quella città incontra la donna che ha amato più di ogni altra. Per lei scrive la poesia 'Lettera aperta a Manuelita Etchegarray'. Compone pure 'Viaggio a Montevideo'. Ai tempi Montevideo era una tappa obbligata prima di raggiungere l'Argentina.

 

La sensibilità di Campana è stata plasmata dall'esperienza argentina?

 

GCM: La sua descrizione della pampa è di una bellezza straordinaria. Non lavora su fotografie, Campana con la sua visione orfica rielabora un'esperienza diretta.

 

 

La conversazione proseguiva animata, mentre il tè preparato da Margarita si raffreddava nelle tazze. Le notizie sulle ricerche fluivano in un continuo riassaporare il piacere della scoperta. Gabriel Cacho Millet precisò che dopo quel primo avvicinamento ai versi di Campana attraverso la traduzione che gli era stata commissionata decise di riprendere in mano le sue poesie e di approfondire la figura del poeta. Si accorse che il suo carteggio con diversi scrittori dell'epoca era andato disperso e iniziò una ricerca che durò per molti anni. Si sente debitore verso quelle persone che conobbero il poeta e che tra il 1976/1977 gli riferirono aspetti e momenti della sua vita. Incontrò anche il ragazzino che aveva copiato le poesie a macchina, spesso bistrattato dal poeta. Fu durante una recita a Marradi. Lui era seduto in prima fila, orami molto avanti con gli anni. Ha pure incontrato il cugino, che lo aveva visitato una sola volta in manicomio. Il cugino ricordava che dopo aver ricevuto una forte pacca sulla spalla il poeta gli disse con orgoglio “tu sei un vero Campana”.

 

La fortuna del poeta di Marradi è avvolta da un'aura di mistero e fatalità. Primo Conti nel 1917 lo incontrò, quando la sua malattia si era già manifestata e salito su un tavolo della birreria Pilsen proclamò la sua responsabilità nei confronti della guerra in corso. Sono pochi i lettori di Campana prima del 1928 quando viene pubblicata la seconda edizione dei Canti Orfici. Mancò un critico che lo sostenesse, anche se in parte Emilio Cecchi fu un suo estimatore e lo difese. Ma i critici entusiasti delle sue opere appartenevano ad una cerchia ristretta: Sergio Solmi, Corrado Pavolini ed pochi altri lo apprezzarono inizialmente. Nel 1971, fu ritrovato un manoscritto e il suoi versi furono ripubblicati. Si trattava di un centone dove Campana raccolse in modo casuale buona parte delle sue composizioni e le affidò a Giovanni Papini perchè ne scegliesse alcune da pubblicare su “Lacerba”.

 

Il primo libro che Gabriel Cacho Millet ha pubblicato su Campana porta per titolo Le mie lettere sono fatte per essere bruciate. Apparso nella collana I pesci d'oro di Scheiwiller nel 1978, a cinque anni dal suo arrivo in Italia, oggi l'opera è esaurita ma viene molto citata. Cacho Millet aveva visitato la mostra documentaria fiorentina su Campana. In seguito ha composto un testo teatrale, dal titolo Quasi un uomo, dopo aver letto il libro del dottor Pariani con le 30 interviste fatte mentre Campana era ricoverato. Gli sembrò un testo pronto per essere recitato, vi lavorò a lungo e l'opera fu portata sulle scene durante due anni circa, interpretata dall'attore Mario Maranzana. Quasi un uomo ha fatto conoscere Campana anche in molti posti dove si sapeva ben poco su di lui: dai grossi teatri, il Verdi e il Flaiano di Roma, a Genova, persino nei teatri dei paesini di provincia, ricorda con certo orgoglio Cacho Millet.

 

L'elenco dei saggi dedicati a Campana è corposo, l'ultimo titolo apparso nel 2011 contiene la raccolta di tutte le lettere che Cacho Millet ha potuto ritrovare, sia quelle spedite sia quelle ricevute, insieme ad alcune lettere che contengono riferimenti a Campana ed è stato pubblicato dalla casa editrice fiorentina Edizioni Polistampa con il titolo Lettere di un povero diavolo. Carteggio (1903 -1031) con altre testimonianza epistolari su Dino Campana (1903 - 1998.

 

Cacho Millet ha pure firmato la raccolta Dino Campana. Sperso per il mondo. Autografi sparsi (1906-1918), edito da Olschki nel 2000, e Dolce illusorio sud con un testo che ha ritrovato e risale sicuramente al 1912/1913. Insieme al fotografo Claudio Corrivetti ha proposto l'antologia  Non si avrà ragione di me. Poeti del Novecento per Dino Campana, apparsa nel 2008. 

 

 

Buenos Aires, 31 dicembre 2016.

 

 

 

 

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