Il senso di un abbraccio
La prima volta mi colse di sorpresa. Il suo abbraccio deciso, fermo sulle mie spalle voleva indicarmi la direzione verso cui dovevo volgere lo sguardo. Dall'altra parte della finestra, sulla calle Córdoba, una carissima amica mi salutava con la mano, mentre seduta al bar con un amico aspettava l'inizio della presentazione. Non mi ero accorta di lei, accompagnavo Erri de Luca in libreria insieme ad altre persone, usciti tutti poco prima dall'Istituto Italiano di Cultura, al terzo piano del Palazzo Italia. Eravamo diretti alla Libreria francese per l'unico incontro con i lettori aperto al pubblico generale, in questa tappa portegna della sua veloce tournée nel Cono Sur, tra Buenos Aires, Montevideo e Santiago del Cile.
La scena si ripeteva ad ogni scatto. Nuovi abbracci univano altri lettori mentre posavano per la foto ormai di rito e come un torrente in piena generavano altri abbracci, confortanti e amichevoli, e ci si sorrideva sereni. Abbracci forti, onesti e fraterni per celebrare la gioia di un incontro, fugace certamente, ma intenso. E rinnovavano lo stupore di fronte alla fratellanza scaturita all'improvviso, espressa con parole semplici ma lapidarie, in tante opere pubblicate, praticata nei gesti quotidiani di una vita spesa all'insegna di valori solidali da sostenere, da mettere in opera con convinzione. Erri de Luca passava da Buenos Aires portando con sé il vento sano del sessantotto, quello che batté contro le paratie dei privilegi di classe, diede voce agli studenti per manifestare le loro istanze e spezzò la sottomissione della donna. Fu una rivoluzione sociale e culturale che vedeva per prima volta i giovani italiani coinvolti in battaglie in nome della libertà e della giustizia tra gli uomini. Un vento che oggi purtroppo soffia a intermittenza, escludendo ancora tanti, perciò lo scrittore napoletano sceglie di identificarsi in Rocinante, il cavallo di Don Quisciotte, pronto a prestare il suo fisico a chi lotta per un ideale.
Confesso di aver sentito bisogno di un abbraccio netto e rassicurante, da fotografare, poi fotografato poco prima di iniziare la presentazione in Aula Magna. Mi serviva per affrontare le sue parole sul dramma dei migranti. Poco dopo le avrebbe pronunciato in apertura dell'incontro con gli studenti del Liceo Cristoforo Colombo e dell'Edmondo de Amicis. Lo spunto fu offerto dalla sua Preghiera laica, scritta nell'aprile del 2015 quando le prime pagine dei giornali ancora una volta misero l'occidente di fronte al dramma dei migranti naufragati al largo della Sicilia. Dolorosa emergenza di questi ultimi anni che pare non avere soluzione né arrestarsi, un viaggio - spiegò lo stesso scrittore - ancor più disumano di quello che secoli fa i negrieri imponevano agli schiavi africani perché oggi ai trafficanti di gente interessa solo riuscire a estorcere il prezzo di un viaggio disperato verso le terre della speranza illusoria. Pochi in Europa aprono infatti le porte ai nuovi migranti, profughi da guerre o dittature sanguinarie, popoli interi in fuga, scaricati e ammassati nei campi in attesa di accordi tra i paesi dell'Unione. Per questo motivo, Erri de Luca preferisce immaginare la penisola italiana non più come uno stivale, bensì come un braccio teso verso il sud, che sventola un fazzoletto bianco, la Sicilia, per indicare ai migranti la via della salvezza, augurandosi che gli italiani vogliano accoglierli e prendersene cura. All'autore di I pesci non chiudono gli occhi piace infatti rovesciare i luoghi comuni e ribaltare provocatoriamente le convenzioni, come quando propone di pensare il planisfero con un orientamento diverso, in barba alla consolidata tradizione che colloca arbitrariamente nella carta geografica il nord in alto. Sarebbe mai attuabile una simile rivoluzione nei confronti di una prospettiva consolidata da secoli di cultura occidentale? Difficile dirlo, visto che le terre emerse nell'emisfero australe sono decisamente più ridotte e tutto sommato si avvantaggiano del loro starsene in disparte, circondate da enormi masse d'acque oceaniche fluttuanti e forse ancora capaci di disperdere l'aria inquinata con i venti impetuosi che generano. Ma fino a quando? Eppure le sue provocazioni lasciano nell'uditorio lo stimolo a pensare la realtà con altri occhi e altri parametri, nella speranza che l'umanità intera possa beneficiarsi dal ripensamento di queste convenzioni che sebbene dannose, siccome incancrenite, stentano a venir abbattute.
Molto è stato pubblicato in settimana sullo scrittore napoletano dai giornali argentini, ad iniziare dall'articolo di Néstor Tirri su “La Nacion”. In breve, si potranno rivedere le presentazioni al pubblico non appena i video degli incontri nella Scuola Italiana Cristoforo Colombo e nella Libreria las Mil y una hojas saranno messi online. L'incontro in Unitref è già disponibile su https://untref.edu.ar/streaming/. Cosa ancor più auspicabile, si potranno leggere i suoi romanzi in versione originale oppure in traduzione allo spagnolo, se i distributori sapranno sfruttare il clima di attesa nei confronti della sua opera che lui ha saputo creare con il suo modo diretto e intenso di presentarsi al pubblico locale. Il suo abbraccio è diventato più forte, sciolto e ampio quando giovedì ha incontrato alcuni rappresentanti delle madres e delle abuelas, ultimo momento della sua tappa a Buenos Aires.
Buenos Aires, "Tribuna Italiana" n 1573 del 23 marzo 2016.
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