In ricordo di Tulio Halperin Donghi - A un anno dalla sua scomparsa
Era il 14 di novembre del 2014, quando la notizia del decesso di Tulio Halperin Donghi provocò profonda commozione nell'ambiente degli storiografi argentini e non solo. Per quanto quasi novantenne, Halperin Donghi, uno degli storici più autorevoli, conservava ancora la freschezza di chi affrontava la vita inseguendo passioni e interessi in assoluta autonomia e con accentuato spirito critico. Fu docente presso la Facoltà di Filosofía y Letras di Buenos Aires (tra 1955 y 1966) e l'Universidad Nacional del Litoral, poi a Oxford e dal 1972 presso l'Università di California, Berkeley. Ma il rapporto con l'ambiente universitario locale non si interruppe mai, anzi si allargò a istituzioni quali l'Università di San Andrés e Torquato Di Tella, con le quali collaborò fino ad età avanzata.
L'omaggio del Dipartimento di storia dell'Università Di Tella di Buenos Aires
“L'Argentina di Tulio Halperin Donghi” è stato l'argomento centrale delle XV Jornadas de Historia, organizzate dal dipartimento di Storia dell'Università Torquato Di Tella di Buenos Aires il 3 e 4 dicembre scorsi. L'iniziativa, che intende rendere il giusto omaggio a una voce della cultura argentina così autorevole e al tempo stesso amata, ha coinvolto docenti, ricercatori e studenti per ripercorrere i momenti salienti dell'opera vasta e articolata che Halperin lascia in eredità ai tanti ricercatori formati sotto il suo influsso. Con la collaborazione del Centro de Historia de la Universidad Nacional de Quilmes, nell'arco di due giornate consecutive, il Dipartimento ha riunito nell'aula del nuovo Campus Alcorta studiosi quali Gabriel Entin (CONICET/Centro de Historia Intelectual, UNQ), Elías Palti (UNQ/UBA/CONICET) e Marcela Ternavasio (CONICET/UNR) che sotto il coordinamento di Lucas Llach (UTDT) hanno riflettuto attorno al concetto di disgregazione degli imperi, argomento di una delle prime opere dello studioso scomparso. Nella stessa giornata Gabriel Di Meglio (UBA/CONICET), Klaus Gallo (UTDT) e Fabio Wasserman (UBA/CONICET) hanno dibattuto su rivoluzione e guerra, moderati da Fernando Rocchi (UTDT).
Nella seconda giornata di studi, venerdì 4 dicembre, i ricercatori Roy Hora (UNQ/CONICET), Jorge Myers (Centro de Historia Intelectual, UNQ/CONICET) e Hilda Sabato (CONICET/UBA) hanno affrontato l'affascinante argomento della formazione di una nazione, moderati da Ricardo Salvatore (UTDT). Infine, l'ultimo blocco di interventi si è svolto di fronte ad un uditorio qualificato – si notava la presenza di Ezequiel Gallo, tra le altre illustri personalità del mondo della storiografia argentina - e a platea colma, in virtù della qualità degli oratori. I ricercatori hanno posto al centro dell'attenzione la figura stessa dello storiografo, prendendo come spunto l'opera Son Memorias ( (2008), che condensa i primi anni di formazione di chi ebbe la fortuna di nascere nel 1926 in seno ad una famiglia di intellettuali rigorosi e stimati. Le voci di Carlos Altamirano (CONICET/UNQ), Fernando Devoto (UBA), Pablo Gerchunoff (UTDT) e Juan Carlos Torre (UTDT) si sono alternate nella ricostruzione della sua personalità e ne è emerso il profilo di uno studioso che mantenne sempre vivo l'interesse per cogliere il significato essenziale in ogni fenomeno sociale, economico e politico, nonché culturale, prescelto come ambito di indagine.
La figura e l'insegnamento di Halperin Donghi
Stando alle convinzioni di Halperin Donghi, chi vuole fare ricerca storiografica deve partire dalla sua esperienza del presente. Gli strumenti di analisi coincidono e vanno adattati allo studio delle epoche storiche, con la consapevolezza della distanza temporale che intercorre. Con leggera ironia, Halperin ha affermato poco prima di morire di aver vissuto tanto a lungo che i suoi primi saggi dedicati alla contemporaneità sono diventati ora studi su periodi storici. Per lui, la storia del suo paese natale ha esercitato un fascino irresistibile durante tutta la sua attività di ricerca, a prescindere dal fatto che l'argomento di studio possa parere modesto, come gli disse José Luis Romero, e nonostante si fosse trasferito dal 1967 negli Stati Uniti.
Halperin Donghi ritiene che la rivoluzione del 1930 forma parte di una memoria censurata in Argentina e rappresenta un punto di svolta gravido di conseguenze per la nazione. La demonizzazione di quei momenti fece scattare un meccanismo di esclusione sociopolitica da cui scaturirono conseguenze pesantemente negative.
Halperin Donghi e il rapporto con la cultura italiana
Poco è stato detto, tuttavia, durante queste giornate di studi a proposito della sua formazione in Italia, quando nel 1950 vi approda, fermandosi a Torino. Mentre nell'ambiente universitario italiano l'egemonia crociana inizia a declinare, Halperin Donghi perfeziona i suoi strumenti metodologici e conosce il pensiero di Gramsci. Ne ha riferito in parte Fernando Devoto, lo studioso più sensibile all'argomento e autore dell'apprezzata Historia de los italianos en la Argentina (Bilbios 2006). Devoto, che gli ha dedicato di recente un conciso saggio apparso sulla rivista “Prismas”, sottolinea l'influsso in gioventù di autori quali Gian Battista Vico, Francesco De Sanctis e Benedetto Croce che si affiancarono a riferimenti più vicini al suo ambiente (da Romero e Mallea), inoltre riconosce che il rapporto con la storiografia italiana del secondo dopoguerra merita ancora una più attenta analisi. Non resta quindi che auspicare che la direzione indicata da Fernando Devoto possa incontrare l'entusiasmo dei giovani ricercatori in formazione, pronti a recuperare il legame complesso e dinamico che si creò tra gli ambienti accademici locali e quelli italiani.
Tribuna Italiana 30 dicembre 2015
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