Raccontare Matilde Serao a Buenos Aires
Raccontare Matilde Serao a Buenos Aires
di Renata Adriana Bruschi
Annalisa Paolucci ha la capacità di farci amare tutto ciò che ci racconta. Dal Gattopardo al Ventre di Napoli, ogni autore che Paolucci presenta ai suoi allievi durante i suoi corsi di lingua e cultura italiana si trasforma in una meravigliosa avventura alla scoperta delle radici profonde di un mondo che è anche il retroterra culturale dei suoi allievi. argentini da poche generazioni, molti di loro italiani nel cuore.
Ho avuto la fortuna di ascoltarla recentemente durante una sua lezione/conferenza su Matilde Serao, meravigliosa e ingiustamente trascurata scrittrice e giornalista italiana, vissuta a cavaliere tra due secoli, in bilico tra Roma e Napoli, amata, temuta, ammirata e oggi riscoperta poco per volta. Paolucci ha offerto uno spaccato sulla sua vita, arricchito da canzoni napoletane, immagini d'epoca e qualche breve filmato, molto apprezzati dai partecipanti all'incontro online.
La relatrice vanta una lunga esperienza nel tenere corsi per adulti di cultura italiana. In termini geografici, la sua base è la zona nord del GBA (acronimo per l'area metropolitana Gran Buenos Aires), una zona oltre la General Paz, tra villette unifamiliari costruite in stili diversi, dal simil Tudor alla villa toscana, tra giardini alberati e fioriti, che un tempo accoglievano anche orti, e strade rettilinee con regolari incroci ogni cento metri, come tante urbanizzazioni americane del novecento. In tempi di Covid, per nulla scoraggiati dall'emergenza, lei e i suoi allievi hanno scommesso sulla rete e si sono buttati a capofitto. Compensano in tal modo l'impossibilità di ritrovarsi nelle aule del Comitato Dante Alighieri di Vicente Lopez, dove si continua a leggere in italiano. Magari non si conoscono tutti gli autori contemporanei, viste le difficoltà ad ottenere le novità letterarie, ma si analizzano capolavori intramontabili scritti in italiano. Composti forse in un italiano letterario e non aggiornato, che diventa un modello di lingua per gli allievi e contraddistingue quell'impasto originale di termini, espressioni e registro padroneggiato da molti italiani d'Argentina. Ma, come è noto, i capolavori letterari sono opere “ che si rileggono”, come rese palese Italo Calvino nelle sue pagine saggistiche. Un'espressione molto letteraria potrà anche sembrare un vezzo, ma questo peccato veniale spesso si tramuta in ammirazione quando se ne capisce la ragione e si comprende che proprio la conoscenza dell'italiano letterario sostiene ancora oggi la diffusione dei classici italiani. Per diversi scrittori argentini, quei classici costituiscono perfino un riferimento ineludibile. Pavese, Pasolini, Vittorini e altri, rivoluzionari nell'abbandonare la letterarietà espressiva di D'Annunzio e Verga, attirano ancora lettori, talvolta scrittori in nuce, alla ricerca di un testo convincente quanto a espressione e stimolante per argomenti sviluppati. Le prose di Matilde Serao corrispondono a questo modello e non deve stupire che durante il dibattito conclusivo in tanti abbiano riconosciuto di provare il desiderio di leggere le sue pagine.
Cosa ha di particolare per gli argentini la figura della prima giornalista italiana, fondatrice di ben due testate e mente irrequieta consapevole del suo valore in quanto intellettuale? A fine conferenza qualcuno chiese, un po' confusamente, quale fosse la presenza di Matilde Serao (1856 - 1927) nella stampa locale. Raccolgo la sfida e provo a rispondere, ringraziando Annalisa Paolucci che mi ha spronata a trovare la risposta. Ad inizio degli anni dieci mi sono trovata a vivere a Buenos Aires. Ancora una volta Buenos Aires, per scelta. Sono grata al direttore Horacio González che in quegli anni teneva aperta la Biblioteca Nacional anche di domenica. Potevo trascorrere pomeriggi sereni, nell'Emeroteca, a fogliare testate locali, apparse nel corso dell'ottocento e del novecento, alla ricerca di elementi e documenti adatti a ricostruire qualche episodio dello scambio culturale tra i due paesi.
Per González quell'apertura festiva era un modo per rendere popolare la cultura e per offrire un valido motivo ai numerosi impiegati in libro paga, attento com'è alle ricadute elettorali delle azioni culturali. Per me, era la porta d'accesso alla ricca storia degli Italiani d'Argentina, che paradossalmente proprio in quei momenti l'indigenismo dilagante tentava di mortificare con la rimozione di una statua e simili strategie. Emergeva tra le pagine ingiallite una vasta e ricca storia, mi sarebbero servite tante altre domeniche, tante altre giornate per completare le mie ricerche. Sulla Serao ritrovavo riferimenti in modo casuale, se fossi stata sistematica, ora potrei meglio rispondere alla sollecitazione di Annalisa Paolucci. Qualcosa si trova ancora online, spulciando le copie anastatiche di “Caras y Caretas”, rivista illustrata di larga diffusione dalla sua creazione a fine ottocento, e ricorrendo alla miniera di informazioni sulla stampa italiana in Argentina, che Pantaleone Sergi ha raccolto per anni.
Ricorda Sergi che Angelo Sommaruga (1857 – 1941) arriva a Buenos Aires, per allontanarsi dall'ambiente asfittico di fine ottocento, diffusosi in seguito ad alcune vicende giudiziarie poco chiare intrecciate ad interessi politici. Tra gli amici e sostenitori del Sommaruga, non mancò il marito della Serao e vi fu pure lo stesso Carducci. Arrivato in Argentina nel 1885, Sommaruga, in veste di editore, aveva al suo attivo diversi meriti, compresa la pubblicazione delle opere della Serao, a conferma della sua volontà di innovare il panorama letterario del tempo. Nella città argentina, stringe contatti con l'ambiente intellettuale, apre una libreria e diventa direttore di “La Patria” nel 1886. Piccola precisazione. In Argentina, per effetto delle scelte di Nicolás Avellaneda, la stampa etnica aveva avviato i primi passi della sua proficua attività a metà degli anni settanta, vale a dire un decennio prima dell'arrivo di Sommaruga in America meridionale. Quanto possa aver influito la presenza di Sommaruga nel promuovere la Serao tra i giornalisti locali merita un'attenta analisi che ora non si può se non invitare ad affrontare, magari anche, per quanto mi riguarda, rinviare a quando sarà possibile disporre di più tempo.
Dal ricco archivio di “Caras y Caretas” vorrei qui ricordare un articolo apparso il 19 ottobre del 1907, intitolato “Tres ilustres escritoras de Italia” e firmato da Juan José Soiza Reilly, che scrive da Parigi. Sono quattro pagine di riflessioni sui cambiamenti epocali e sulle donne che si emancipano di fatto dai ruoli tradizionali. Soiza Reilly stende la cronaca del suo incontro con Matilde Serao, Grazia Deledda e la meno nota Tina Centa Tartarini.
Sui cambiamenti in atto, Soiza Reilly tratteggia un quadro dai toni enfatici quasi apocalittici. Valga questo paragrafo come esempio.
“ (La mujer) la veis que ya con su diploma, quiere ser diputado. Vota. Hace discursos... Luego, cansada de política, toma otro rumbo. Se hace socialista. Da conferencias. Grita en todas las plataformas sus ideas de regeneración, de salud, de vigores. . . (...) y llena de Quijote, de Tartarín y de Cyrano, se trasforma, de pronto, en anarquista. Y fabrica bombas. Y mata. . . (...) cansada de ser llevada en coche, detiene su carroza. A empujones despide á su cochero. Y, cándida, elegante y hermosa sube al pescante á dirigir la yunta. Se hace cochero...”
L'inviato di “Caras y Caretas” non ha dubbi. Delle tre donne incontrate, Matilde Serao è la migliore, la più brillante e famosa. La descrive al suo ingresso mattutino nella redazione di “Il Giorno” con la voce impostata e la battuta pronta a tenere a bada i suoi redattori; poi si sofferma sulle sue opere letterarie, già note in Europa. Lo colpisce il fatto che le figure femminili che Serao descrive appaiono dedite al lavoro, forti e stoiche nell'affrontare le fatiche, senza cedere in nulla al vittimismo, piuttosto con l'orgoglio di chi sa di svolgere un compito centrale, anche se non riconosciuto, nella società. A corredo delle sue osservazioni, si apprezzano diverse fotografie.
Ripenso ora alla conferenza di Annalisa Paolucci, ricca di informazioni e stimoli che hanno permesso agli ascoltatori di immergersi nelle atmosfere partenopee ai tempi della Serao. Merita senz'altro una seconda data, visto che tanti interessanti non sono riusciti a seguirla, per ragioni tecniche. Ma forse, se mi è permesso, questo interesse del pubblico potrebbe anche diventare lo stimolo per andare a recuperare dalle emeroteche e dagli archivi, semmai ve ne fossero, alcune tracce delle sue opere conosciute in Argentina, alcuni degli articoli che la citano e la fanno conoscere tra i lettori argentini di inizi novecento.
Sarebbe cosa buona, atta a consolidare la figura della scrittrice e a recuperare un capitolo non indifferente della presenza italiana in Argentina.
Grosseto, 26 luglio 2020.
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