Un lungo dialogo. Breve quadro dei rapporti letterari tra Italia e Argentina
Un lungo dialogo. Breve quadro dei rapporti letterari tra Italia e Argentina
Renata Adriana Bruschi
La società argentina ha spesso anticipato tendenze e talvolta il paese è stato scambiato per un grande laboratorio di politiche socioeconomiche. Sulla pelle dei suoi abitanti, sono state condotte sperimentazioni non sempre fortunate, alcune anzi piuttosto dolorose. In termini letterari, però, la spinta verso l'innovazione spiega in parte la grande originalità della sua cultura al cui sviluppo anche gli italiani hanno contribuito. Molti ottimi intellettuali argentini in passato hanno dichiarato che fosse doveroso saper leggere e parlare in italiano. Ancora oggi alcuni ne sono convinti e continuano a compiere il loro periplo culturale tra Torino, Milano, Firenze, Venezia, Roma, Napoli e Palermo.
L'affinità tra le due culture ha indotto il Comitato Dante Alighieri di Grosseto a proporre una conferenza dal titolo “Un lungo dialogo. Breve quadro dei rapporti letterari tra Italia e Argentina” che venerdì 30 marzo, presso l'Istituto San Lorenzo di Grosseto, ha visto riuniti soci e simpatizzanti. Col proposito di ripercorrere i legami culturali esistenti tra i due paesi nel corso del Novecento, sono stati ricordati alcuni momenti della recente storia, poco conosciuti in Italia ma tornati alla ribalta in questi ultimi anni, come naturale esito delle visite ufficiali e soprattutto della maggior attenzione con cui viene seguito il risultato del voto all'estero. Questa doverosa premessa spiega - probabilmente - l'interesse verso l'argomento, cui si aggiunge anche l'imminente Congresso internazionale dei Comitati Dante Alighieri, che si terrà in Argentina.
A conferma di quanto ricchi e stimolanti siano gli scambi culturali e conseguentemente di quanto complesso sia arrivare ad una sintesi, basterà citare due esempi. Il primo risale agli anni Trenta, quando un gruppettino di ferventi rivoluzionari nel 1934 prese carta e penna per chiedere a Ignazio Silone l'autorizzazione a tradurre Fontamara, romanzo che ai loro occhi avrebbe consentito alle masse di braccianti lo sviluppo della loro coscienza politica. Riuscirono a stampare due edizioni e il ricavato permise loro di creare la casa editrice Avance, che ebbe però breve vita. Anche la presenza di romanzi firmati da Vasco Pratolini, Giorgio Bassani, Natalia Ginzburg, Leonardo Sciascia, Umberto Eco, Antonio Tabucchi, Alessandro Baricco, Susanna Tamaro nelle librerie di Buenos Aires, Mar del Plata, La Plata, Cordoba, Rosario, Mendoza, Paranà ed altri centri ancora permette di capire che i lettori argentini si rispecchiano nelle loro narrazioni.
Tra le ragioni che suscitano la curiosità degli italiani di oggi e che spiegano la volontà di approfondire l'argomento vi è proprio la convinzione che a conti fatti tra le due società esista una sostanziale sintonia. L'incontro ha preso le mosse da un quesito iniziale: quali fattori hanno consentito l'affermarsi di un clima familiare così evidente? A parere di chi scrive, tale affinità si spiega sulla base di vari fattori interconnessi pur appartenenti ad ambiti dissimili. Dalla storia alla giurisprudenza, dalla religione alla latinità, dallo stile di vita alle abitudini culturali, molti sono i valori, le credenze e gli elementi condivisi tra i due stati. A prima vista la loro storia sembrerebbe ben diversa, cosa potrebbero avere in comune le vicende millenarie accadute nella penisola italica e quelle che videro sorgere uno stato in seguito ad una colonizzazione avvenuta all'alba dell'età moderna, vale a dire poco più di cinque secoli fa? Eppure tanto l'Argentina quanto l'Italia sono il risultato delle lotte per l'indipendenza ispirate dagli ideali politici elaborati a cavaliere tra illuminismo e romanticismo. Il pensiero politico e sociologico italiano e argentino si sono alimentati a vicenda, come dimostrano i nomi di Renato Treves e Jorge Eugenio Dotti, prematuramente scomparso a marzo del 2018. Persino il contrasto sull'assetto amministrativo da dare al costituendo nuovo stato, che vede contrapporsi la proposta repubblicana a quella monarchica liberale, trova riscontro in entrambi i paesi, pur con intensità diversa e soluzioni diametralmente opposte a metà ottocento. In ambito giuridico, come è noto, il diritto romano ispira buona parte della giurisprudenza argentina. Non solo storicamente è attestata la presenza di giuristi italiani nell'Università di Buenos Aires, ma ancora oggi nei dibattiti in merito alle nuove leggi da emanare spesso il modello italiano viene considerato con attenzione. Quanto alla matrice comune religiosa, risultato naturale della colonizzazione spagnola, è utile ricordare che tra le congregazioni religiose presenti in Argentina molte sono quelle italiane che gestivano strutture scolastiche dove l'apprendimento del latino era assai comune. D'altra parte, anche i programmi di studio del bachillerato argentino prevedono la conoscenza della lingua e letteratura latina. A questa serie di fattori, che esercitano un influsso determinante sui principi che regolano la vita associata, si sommano poi alcuni momenti legati alla socialità, quali la partecipazione agli spettacoli lirici o sinfonici e le recite teatrali che spesso vedevano artisti italiani in tournée sin dall'ottocento, da Adelaide Ristori a Eleonora Duse e Vittorio Gassman.
Di fronte ad un quadro che vede numerose convergenze, non stupisce la facilità con cui i letterati italiani ed argentini entrano in contatto e stringono legami mutuamente benefici. Nell'impossibilità di riferire i molteplici scambi, alcune circostanze possono bastare a rendere conto di un profondo e autentico dialogo. La grande fortuna della Commedia dantesca in Argentina è un dato assodato, come attestano la traduzione di Mitre e le altre versioni che poi seguirono sino ad arrivare a quella recente di Jorge Aulicino. Ne danno riscontro anche l'attivazione di una cattedra di studi danteschi, nell'Università di La Plata nel 1913, la progettazione del Palazzo Barolo, che si ispira alla struttura della Commedia, e infine il recente progetto #Dante2018, lettura e commento via twitter proposta dal professore universitario argentino Pablo Maurette e condotti prevalentemente in castellano.
Limitatamente al periodo novecentesco, un momento di forte avvicinamento si colloca proprio negli anni venti, quando alla presidenza dell'Argentina si trova Marcelo T. de Alvear, la cui passione per l'Italia era ben nota. Carlo Emilio Gadda è attivo per pochi anni tra Buenos Aires e il Chaco, da questo soggiorno trae ispirazione per il suo romanzo La cognizione del dolore. Maria Montessori è ospite a Buenos Aires dove tiene diverse conferenze il cui successo può misurarsi nella presenza delle diverse scuole montessoriane in Argentina. Infine proprio nel 1927 si tiene un'importante mostra del Libro Italiano, organizzata nella Galleria Von Riel di calle Florida. L'iniziativa fu curata con particolare attenzione da una commissione composta da autorità argentine e italiane appartenenti al Ministero dell'Istruzione e degli Affari esteri, con la fattiva collaborazione degli editori italiani, in particolare Hoepli, e dei librai e distributori attivi in Buenos Aires. I libri italiani arrivati al porto di Buenos Aires coprivano ogni ambito del sapere, dalle scienze alle discipline umanistiche e non mancarono le edizioni di pregio. Il giorno dell'inaugurazione arrivò in galleria lo stesso presidente Alvear e diverse autorità locali nei giorni successivi visitarono l'esposizione.
Il clima piuttosto favorevole inizia a incrinarsi nel corso degli anni '30 e la stessa collettività degli italiani all'estero, che in Argentina continuava ad accogliere migranti, appare ancora più divisa. Non si tratta più della contrapposizione tra emigrati liguri o friulani giunti prima della creazione del Regno d'Italia, per i quali il nuovo Stato risultava essere sfuggente e distante, e i nuovi italiani monarchici convinti, giunti negli anni venti con capitali da investire. C'erano anche divisioni tra esuli repubblicani e i rappresentanti della monarchia italiana, tra socialisti e anarchici, tra filogovernativi e antifascisti. L'apertura del Centro Studi Italiano, dipendente dal Ministero degli Affari Esteri, a settembre del 1937 e le leggi del 1938, con la conseguente migrazione di intellettuali ebrei provenienti spesso dagli atenei italiani, portarono tali conflitti sul terreno della cultura.
Quando il secondo conflitto mondiale si conclude, lasciando il paese in condizioni estreme, arrivano in Italia dall'Argentina alcuni aiuti materiali ed arriva anche un appoggio notevole alle rivendicazioni del dopoguerra, mentre l'Italia chiede la revisione del trattato di pace perché ritenuto vessatorio. Peron assicura l'appoggio del suo paese in quanto amico dell'Italia e apre le porte ai nuovi emigrati che arrivano per collaborare nel rilancio industriale dell'Argentina. Artefice del delicato passaggio al nuovo contesto politico è l'ambasciatore Giustino Arpesani, avvocato di formazione liberale, cattolico praticante, melomane e sensibile al discorso culturale, tanto da dare appoggio ad una nuova Mostra del Libro italiano, che si tiene ancora una volta negli spazi della Galeria Von Riel, di calle Florida, nel 1949. Questa volta, le pregiate edizioni da collezionismo che si erano viste una ventina di anni prima non sono più presenti, in compenso i titoli esposti sono numerosi ed appartengono anche alle varie collane di narrativa che nel frattempo gli editori italiani avevano varato. L'Argentina si avvia a diventare il paese di lingua spagnola con il maggior numero di romanzi italiani tradotti: conta sulla presenza di buoni traduttori e di editori attivi in grado di distribuire oltre confine i libri, nei paesi di lingua spagnola, compresa la Spagna franchista, dove la censura colpiva gli editori, ma il contrabbando di quelle traduzioni pubblicate in Argentina superando i Pirenei era vivace.
“Letras Italianas”, numero monografico della rivista “Sur” dedicato alla letteratura italiana recente, vede finalmente la luce nel 1953, dopo una lunga e faticosa gestazione iniziata proprio nel 1947, quando Victoria Ocampo interpella Attilio Dabini per la sua compilazione. In tal modo, la Ocampo pensa di fornire il suo appoggio ai letterati italiani, come aveva già fatto con gli intellettuali francesi e inglesi nel 1947. La sua previsione risulta esatta. Nell'arco del decennio successivo, le opere di Moravia, Pavese, Buzzati, Bacchelli, Silone, Piovene, Vittorini, Pratolini, ed altri ancora trovano posto nei cataloghi degli editori argentini. Ma i loro romanzi si leggono anche in lingua originale, dal momento che due nuove librerie italiane, La Viscontea e la Leonardo, aprono i loro battenti pensando ai professionisti italiani da poco arrivati in Argentina. A conferma del fatto che per i lettori forti argentini la lingua e la letteratura italiana costituiscono un insieme indissolubile, da assaporare nella sua versione più genuina.
Grosseto, 31 marzo 2018.
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