Un viaggio a ritroso sui binari dell'amicizia: Dal Masetto, Pariani, Fantini
Un viaggio a ritroso sui binari di un'amicizia
Storia di un gemellaggio intellettuale
Renata Adriana Bruschi
La mia maggior soddisfazione è venire a sapere che i lettori si ritrovano nei personaggi delle mie storie, ha dichiarato una volta Antonio Dal Masetto. Curiosamente, ormai avanti negli anni, una simile gioia gli capitò dopo aver incontrato Laura Pariani e Nicola Fantini. I due scrittori italiani provengono dallo quello stesso lago che Dal Masetto abbandonò in giovanissima età, quando la sua famiglia emigrò in Argentina. Il sapore dolce e familiare di quel riconoscimento poggiava sulle comuni esperienze giovanili, ne nacque un'amicizia intensa e ricca. I loro dialoghi prendevano le mosse dal fertile territorio di una sensibilità condivisa, da quel misto di desideri e timori, attese e delusioni che accompagna il vissuto di chi sperimenta la migrazione.
Durante le loro visite in Argentina, Nicola Fantini e Laura Pariani amavano trascorrere momenti in conversazione con lui. Si parlava di letteratura, Dal Masetto ricordava l'importanza dell'incitamento ricevuto da Witold Gombrowicz quando era ventenne. Sul letterato polacco Pariani poi scrisse il romanzo La straduzione apparso nel 2004, una perfetta fusione di letteratura e sradicamento. Dialogavano anche della loro comune esperienza di abbandono della patria nella prima adolescenza. “Ogni sradicamento, ogni perdita, è una ferita per la vita che può essere descritta non raccontando in prima persona, ma attraverso un personaggio, come in uno specchio; e solo dopo tanto silenzio e da lontano, dietro la superficie liscia del tempo e dell'ironia” sono le parole con cui Laura Pariani commenta Oscuramente fuerte es la vida, il primo romanzo della cosiddetta trilogia italiana che vede l'autore italo-argentino cimentarsi in un tema nuovo, quello dell'emigrazione. Parole che possono anche spiegare buona parte della narrativa della stessa scrittrice e che confermano la profondità del loro dialogo. Quel romanzo di Dal Masetto è stato il primo ad essere tradotto in italiano, pubblicato da una casa editrice indipendente che poi fallì. Angelo Morino, traduttore e docente universitario, lo segnalò alla Pariani suggerendo che l'opera potesse venir nuovamente tradotta e pubblicata. Il progetto editoriale non si realizzò, ma destò in lei l'interesse per incontrare lo scrittore argentino. Tempo dopo, sono state tradotte all'italiano E' sempre difficile tornare a casa (Einaudi 2004), Strani tipi sotto casa (Le lettere 2002), Bosque (Le lettere 2002).
A quel primo incontro, avvenuto a Buenos Aires in un inizio di estate afosa e soleggiata, nei momenti difficili del 2000, ne seguirono altri ancora e frutto ne fu un libro realizzato insieme, come appunto ricorda il titolo A due voci, diario argentino (Effigie 2004). Mentre Fantini raccoglieva materiali sulla crisi argentina che aveva vissuto in prima persona, pensò di arricchire il suo reportage con alcuni racconti dell'amico argentino. Dal Masetto contribuì con alcune brevi narrazioni scritte specificamente per l'occasione, sul modello di quanto stava scrivendo in quel momento per “Pagina 12”.
Ciò che accomunò questi tre scrittori fu la loro provenienza. Dal Masetto infatti ogni volta che passava dall'Italia sentiva il desiderio di “fare il pieno di montagna”. L'essere gente di montagna era il legame che univa tutti e tre. Nel libro La valle delle donne lupo di Laura Parini, Dal Masetto diceva di ritrovare le storie che gli erano state narrate da bambino. In una lettera a Fantini, raccontava “Mio nonno paterno Antonio, soprannominato Toni Furbo, era un montanaro: era nato in un paesino di venti case e lì visse tutta la vita. Io andavo a trovarlo nelle vacanze estive e con il tempo arrivai a pensare che lui e la montagna fossero la medesima cosa. (…) Quando a vent’anni feci un viaggio nel sud, a Bariloche, zaino in spalla, e attraverso il finestrino del treno vidi comparire le prime catene montuose, impazzii di gioia. “Montagne, montagne”, gridavo al mio compagno di viaggio, e cominciai a correre avanti e indietro per il vagone e poi uscii sulla piattaforma esterna per godermi meglio lo spettacolo e contemplare come poco a poco le vette si facessero più vicine. E in quel momento ero un ragazzo felice. (…) Anch’io ero nato e cresciuto tra montagne, e mi piaceva andare per boschi e pendii, cercando di raggiungere le cime e di passare il tempo lassù; e quando tornavo a casa raccontavo a chiunque fosse disposto a ascoltarmi quanto avevo visto nell’oro degli orizzonti e sentivo che quell’amore per le altezze mi veniva dal nonno, come se me l’avesse lasciato in eredità. Allora mi chiedevo da chi a sua volta Toni Furbo l’avesse ereditato.”
Il loro gemellaggio intellettuale si è quindi alimentato da tre fonti, la passione letteraria, lo sradicamento e le montagne. Queste dimensioni spirituali ancor prima che reali hanno reso possibile il loro dialogo fecondo e hanno consegnato ai lettori storie memorabili, da leggere con gli occhi del cuore e della mente. Come osserva Fernanda Bravo Herrera, una delle voci più autorevoli per quanto riguarda la letteratura dei migranti italiani in Argentina, sono storie che formano parte di quella “complessa mappa di riappropriazione della memoria e della terra, nel tempo e nello spazio” che poco per volta si sta guadagnando il suo diritto di cittadinanza tra i critici letterari.
Tribuna Italiana, 18 noviembre 2015
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