Victoria Ocampo va al cine di Eduardo Paz Leston - "Tribuna Italiana" 1561 del 16.08.2015
Victoria Ocampo, spettatrice attenta
Le sue valutazioni sui capolavori cinematografici del novecento presentate in un recente saggio di Eduardo Paz Leston.
Renata Adriana Bruschi
Che cinema e letteratura siano ambiti affini è verità incontrastabile. Prova ne sono le tante trasposizioni cinematografiche di racconti o romanzi realizzate sin dagli albori di quest'arte e la tendenza sempre più diffusa a replicare il successo di un film con la pubblicazione di un romanzo ad esso ispirato. Più rare sono invece le occasioni in cui ci si imbatte in un saggio destinato a recuperare l'insieme dei giudizi di un singolo letterato sui capolavori in celluloide. La collana Los escritores van al cine, diretta da Gonzalo Aguilar per l'editore Libraria, rappresenta una novità interessante. Di recente è stato pubblicato il saggio Victoria Ocampo va al cine, firmato da Eduardo Paz Leston, noto critico e traduttore. L'autore mette a fuoco il rapporto tra la direttrice di “Sur” e il cinema, affiancando al suo discorso un ricco corredo di fotografie, scelte con cura, che recuperano volti e momenti dei film citati.
Nelle sue ben documentate pagine, Paz Leston ripercorre la formazione di Victoria Ocampo mettendo nella giusta prospettiva le esperienze culturali che hanno concorso a raffinare il suo giudizio estetico: scorrono gli anni di passione per il teatro di prosa e per la musica d'avanguardia, compaiono – forse in successione troppo rapida – i nomi di letterati, cineasti e critici che lei frequentò durante la sua instancabile attività editoriale. Dovendo dare una definizione all'approccio critico di cui Ocampo si serve, Paz Leston perviene ad una definizione convincente. “Spettatrice attiva e appassionata”, “critica non canonica (fuera de lo ordinario, nelle sue testuali parole)”, insomma, una voce autentica e convinta, che ebbe anche il vantaggio di osservare l'evoluzione di quest'arte con il suo abituale sguardo cosmopolita ed anche con il suo innato talento per la recitazione, reso pubblico in rare occasione, come ad esempio nel V Maggio Musicale Fiorentino.
Ocampo apprezzò diversi registi provenienti da vari paesi europei e pure dalla Russia e dagli Stati Uniti. Li presentò al pubblico latinoamericano nei suoi scritti che ora Paz Leston recupera nel tentativo di organizzarli in un insieme coerente. Compito non agevole, vista la pluralità di osservazioni e giudizi formulati a cui si aggiunge la sostanziale irrequietezza culturale di Ocampo. Ne risulta un quadro assai ampio e vivace, dove il cinema neorealista italiano occupa un ruolo centrale. Qualche piccola puntualizzazione, che non modifica sostanzialmente il profilo generale proposto da Paz Leston, potrà forse interessare i lettori che hanno familiarità con la cultura italiana. Avrebbe certo giovato alla completezza del panorama tracciato qualche pagina in più dedicata a ripercorrere l'amicizia che la univa a Zavattini. Sarebbe stato opportuno citare il viaggio che questi fece, dietro pressanti inviti, per prendere parte al Festival cinematografico di Mar del Plata. Zavattini vi arrivò accompagnato da Gillo Pontecorvo nel 1960. D'altra parte, ricordare i tentativi di promuovere la realizzazione di coproduzioni italo-argentine avrebbe permesso di cogliere meglio il ruolo di promotrice culturale che l'argentina intese svolgere durante la sua vita. Ocampo abbozzò alcune ipotesi che poi suggerì allo stesso Zavattini: la trasposizione cinematografica di Rosaura, romanzo di Ricardo Güiraldes, oppure la realizzazione di un film sui dittatori, idea accarezzata a lungo. Una sorta di film di denuncia che avrebbe dovuto sollecitare il senso civico del pubblico argentino e che – stando alle aspettative di Victoria - avrebbe altresì dato un forte scossone alle forme troppo melò di certa produzione locale. Nessuno di questi progetti purtroppo riuscirà a prendere forma, anche se la seconda proposta di Ocampo fu esaminata da Zavattini con interesse.
Infine sarebbe stato opportuno ricordare i giudizi espressi su Umberto D. e Miracolo a Milano, che ritornano in alcuni scritti della Ocampo, mentre adeguata attenzione dedica Paz Leston a Ladri di biciclette, uno dei capolavori del neorealismo che Ocampo amò e fece conoscere agli amici, come era sua abitudine ogniqualvolta scopriva qualche tesoro artistico. La sua sconfinata ammirazione per questo film di Vittorio De Sica è tale che l'avrebbe voluto allegare al numero speciale della sua rivista dedicato alla letteratura italiana e pubblicato nel 1953. Tale desiderio dimostra ancora una volta la capacità che Ocampo ebbe di anticipare tendenze. Mancavano i mezzi allora per rendere possibile ciò che oggi è pratica assai diffusa.
La passione di Ocampo per il neorealismo si fonda - come giustamente indica Paz Leston - nella convinzione che il cinema avesse una valenza educativa fondamentale e di conseguenza le storie rappresentate dovessero trasmettere una verità. Ocampo tuttavia intendeva questo termine non nella sua semplice dimensione cronachistica, bensì nel più autentico spirito di comprensione delle condotte umane. Finita la stagione del neorealismo, il cinema italiano continuò a interessarla. Ludwig, di Luchino Visconti, viene da lei salutato con grande entusiasmo “la más conmovedora de las creaciones de Visconti” eppure il film non ottenne grandi riconoscimenti tra il pubblico. Paz Leston traccia un opportuno parallelismo tra il protagonista del film e la vicenda personale di Ocampo, che non esitò a mettere i propri beni al servizio della sua rivista letteraria ed a sostenere amici in difficoltà.
Eduardo Paz Leston, Victoria Ocampo va al cine, Libraria Ediciones
Buenos Aires 2015
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